La moda sostenibile è un trend in forte crescita in Italia come nel resto del mondo, e in questo articolo cercheremo di spiegare “quando la moda è davvero sostenibile”.
Molte aziende tessili e marchi di moda iniziano a parlare di sostenibilità, di etica, di produzione ecologica: da H&M a Gucci, da Armani a Zara. Ma sono davvero così sostenibili? Probabilmente, o almeno ci auguriamo, che stiano davvero facendo qualcosa di concreto per ridurre l’impatto ambientale della loro produzione.
Ciò non toglie che per parlare di moda sostenibile dovrebbero fare molto di più, partendo dall’uso di materiali a basso impatto ambientale, che si tratti di tessuti, o di materiali utilizzati ad esempio per produrre borse e accessori, come pelle animale, o similpelle sintetica.
A proposito della pelle e dell’uso di materiali di origine animale, è interessante sapere che gran parte dei brand hanno riununciato alle pellicce di origine animale, sostituendole con quelle sintetiche, ed anche questa scelta, che viene definita moda cruelty free, è sicuramente una forma di sostenibilità: le pellicce animali, oltre che essere immorali, sono anche inquinanti per l’ambiente, la loro produzione richiede infatti l’uso di sostanze chimiche tossiche, sia per l’ambiente che per gli esseri umani.
Non solo, anche gli allevamenti intensivi di animali da pelliccia sono altrettanto inquinanti per l’ambiente.
Rinunciare alle pellicce di origine animale è quindi un bene, ma certamente l’uso di pellicce sintetiche non lo è affatto. Anche queste infatti sono altamente dannose per l’ambiente, essendo totalmente sintetiche e quindi realizzate soprattutto con derivati petroliferi.
Cotone, un materiale naturale tutt’altro che ecologico
Abbiamo parlato di pellicce, ma vediamo adesso qualcosa di più comune, ad esempio parliamo del cotone. E’ una fibra naturale, e questo può trarre in inganno noi consumatori, facendoci credere che sia un tessuto ecologico anche se per gli esperti del settore non è affatto così.
Il cotone è la fibra naturale più usata al mondo, la sua coltivazione intensiva, che avviene soprattutto nei paesi in via di sviluppo in Asia e Sud America, è devastante per l’ambiente e per la salute umana. Per coltivare il cotone viene usato il 16% della produzione globale di pesticidi, poi abbiamo erbicidi e fertilizzanti. Quantità spropositate di sostanze chimiche vengono immesse nell’atmosfera sottoforma di gas serra, e nelle acque sottoforma di liquidi che inquinano le falde acquifere locali, acqua potabile inclusa.
In questi paesi agricoltori e intere comunità si ammalano costantemente poiché vivono a contatto diretto con queste sostanze tossiche da, e per anni. Questo per quando riguarda la sola coltivazione delle piante di cotone, che ricordiamoci vanno successivamente lavorate per essere trasformate in fibra, in filato, in tessuto ed in infine in un capo di abbigliamento.
Queste lavorazioni includono un enorme spreco di risorse primarie, come acqua ed energia, nonché l’uso di innumerevoli sostanze chimiche che finiscono ugualmente nell’atmosfera e nelle acque reflue di scarico delle industrie. Essendo per lo più effettuate negli stessi paesi in via di sviluppo, i controlli ambientali sono pressoché inesistenti, come del resto sono inesistenti, inefficaci, o facilmente raggirabili, le leggi che dovrebbero tutelare la salute umana, soprattutto quella dei dipendenti delle fabbriche dove avviene la produzione.
Inquinamento ambientale, ma anche sfruttamento sociale. Sappiamo bene che gran parte dell aziende, soprattutto le grandi multinazionali, hanno spostato la loro produzione in questi paesi, chiaramente per risparmiare denaro. Lo sfruttamento di manodopera a basso costo è uno dei principali vantaggi per le case di moda della Fast Fashion. Ridurre i costi di produzione equivale a vendere prodotti al prezzo più basso, o avere margini di guadagno più alti.
Il cotone quindi non è affatto un tessuto sostenibile, come del resto non lo sono materiali sintetici come il poliestere. Mentre tra i tessuti naturali più sostenibili possiamo nominare canapa e lino, i quali non richiedono l’uso di sostanze chimiche durante la coltivazione, ne durante la produzione (quantomeno l’uso di queste sostanze è molto limitato).
Materiali ecologici per una moda più sostenibile
Torniamo alla domanda iniziale: “quando la moda sostenibile?” La moda è sostenibile quando dispone di certificazioni tessili che possano garantire una produzione a basso impatto ambientale. Le certificazioni sono quindi la base di partenza della moda sostenibile, e solitamente vengono assegnate proprio al materiale.
Esistono certificazioni di tipo ambientale, cioè quelle che verificano l’uso di sostanze chimiche. Certificazioni di tipo sociale, che si occupano di supervisionare il rispetto dei diritti dei lavoratori. Ed infine certificazioni per i diritti degli animali.
Come abbiamo detto queste certificazioni vengono assegnate prima di tutto al materiale, purtroppo però si tratta di “certificazioni volontarie”, questo vuol dire che solo le aziende che ne fanno richiesta possono ottenerle. L’unica “certificazione” obbligatoria è la normativa REACH, redatta in collaborazione tra Unione Europea e GreenPeace. Questa normativa Europea prevede l’esclusione di oltre 1000 sostanze chimiche pericolose per l’ambiente e per la salute umana, una lista che cresce di anno in anno.
E’ obbligatoria per tutti coloro che producono in Europa, non solo nel settore tessile, ma anche in tutti gli altri settori. Il problema, o il limite della normativa REACH, è che pur avendo una forma di regolamentazione anche per i prodotti importati dall’estero, questa sembra ancora non essere all’altezza della situazione. Non è quindi in grado di limitare l’uso di sostanze tossiche nei prodotti importati.
Possiamo però essere felici e consapevoli del fatto che i prodotti Made in Europa sono più sostenibili rispetto ad altri.
Tornando a parlare di materiali, è bene sapere che esistono oltre 40 materiali ecologici in commercio, tra tessuti e simil pelli di origine vegetale. Per scoprire quali sono e come riconoscerli consigliamo di leggere questo articolo che parla di differenze tra tessuti sintetici naturali e artificiali.
Una moda più sostenibile è possibile, ma per ottenerla noi consumatori dobbiamo essere informati e saperla riconoscere.